domenica 20 settembre 2009

L'infanzia è una casa - parte 1

L'infanzia non ha tempo.
Man mano che gli anni passano
bisogna conservarla e conquistarla,
nonostante l'età

Emmanuel Mounier


Il cane - legato a un perno sul muro con una spessa catena in ferro - si dimena in versi che non domandano altro che coccole.

Appena arrivati. Aprendo lo sportello vedo il cancello aperto.
Qualcuno che esce, scendendo le scale.
Il cancello si chiude, quasi sbattendo. Le maleparole di mio nonno:
chiunque sia uscito osando portare danno al suo amato Cancello, fosse anche il presidente degli Stati Uniti, lo sentirà in rimprovero fin dentro la notte e i sogni.

La striscia di asfalto che ci divide dall'ingresso. Mio padre parcheggiava sempre di fianco, sul versante opposto, lungo la salita.
Aveva smesso di parcheggiare sul lato della casa da quando una notte uscendo avevamo trovato la macchina semi-distrutta per qualche matto che ci si era schiantato e poi era fuggito.
E così tenevo la mano in quella di mia madre, mentre guardavo la discesa.

Una discesa che tra qualche anno avrei affrontato molte volte in bicicletta, la prima in particolare da solo, quasi svenendo per una carenza di zuccheri sotto il sole d'estate.

Il cane continua la sua danza con foga, iniziata pochi minuti prima. Non avevamo ancora capito come facesse a sentire la macchina di mio padre fin da circa 500 o 600 metri più in giù, dove iniziava la ripida salita che portava a casa dei miei nonni.

A tutte le altre vetture che passavano riservava come calda accoglienza un furioso abbaiare, mentre riconoscendo la nostra da lontano faceva moine e guaiti che parlavano di un affetto incodizionato e indistruttibile, che io non capivo.

Attraversavamo e oltre il cancello si spalancava la mia libertà. Mia
madre mollava la presa, il cane mi guardava come se mi avessero tolto il guinzaglio. Correvo da lui, a pochi passi mi fermavo e alzavo l'indice, come in segno di rimprovero. In realtà era un comando, e lui obbediva a stento, sedendosi e tenendo a bada l'istinto di saltarmi addosso.

Allora io porgevo la prima mano, nella quale il cane porgeva la sua zampa. Altra mano, altra zampa, e ci ritrovavamo a fare passi di danza, un bimbo e un cane.



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