venerdì 13 novembre 2009

lunedì 19 ottobre 2009

Senza nome


 

Ho sempre amato il deserto.
Ci si siede su una duna di sabbia.
Non si vede nulla. Non si sente nulla.
E tuttavia qualche cosa risplende in silenzio.
Antoine de Saint-Exupéry




Da "A horse with no name"

Ho attraversato il deserto
Su un cavallo senza nome
Era bello essere lontano dalla pioggia
Nel deserto
Non riesci a ricordare il tuo nome
Perché non c’è nessuno
Che ti possa procurare dolore


venerdì 16 ottobre 2009

Occhi nella notte, specchi nella notte.



Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.


Paris at night - J.Prevert


Non si conoscono, ma si ritrovano ora nello stesso letto,
a consumare in sogni e mondi diversi la stessa oscurità.

Eppure sono insieme.

Eppure una stessa onda scuote di soprassalto lei,
che urla dallo spavento, e lei travolta da questa onda finisce con il suo grido
su di lui, sul suo fianco, come su una spiaggia che accoglie la spuma stanca in riva.

Lei lo guarda ancora spaventata, lo stringe, il salvatore sconosciuto.
Mentre in fondo anche lui è un pò scosso. Due cuori che galoppano, e all'improvviso si scoprono.

Non sanno i loro nomi. Sono due ombre indefinite, forse anche a loro stessi.
Non c'è nessuna ragione per non pensare che siano due ombre fuse, in un'unica ombra.

A questo punto lei ricorda quella poesia di Prevert. Lei fuma. E ha un accendino.
Si smuove, torna a spaccare queste due ombre incerte, così fruga tra il buio e un giorno che non arriva.



La scintilla vicino alle sue labbra precede la fiamma, e le sue parole che la agitano: "Guardami, ricordami.".

La fiamma muore. "Ora descrivimi".
Lui non capisce, ma si sente interessato. Lei è bella. E merita di essere spiegata, soprattutto a se stessa.
Comincia così a descrivere il suo volto. Dettagli, all'inizio generali, poi più precisi.
Poi parole come baci.

Lentamente qualcosa accade nella sua voce; la notte si intrufola, si mischia anche lì, alla realtà di un momento, che già si dissolve nella eterna memoria del buio.

Così lei cambia, nel ricordo di lui, sfuma, un corpo che si scioglie come cera.
Nella sua testa, lei comincia a somigliare alla notte.

E lei ascolta, e vede di fronte uno specchio, uno specchio oscuro, nel quale si riflette con le parole che lui sussurra.

Lui descrive ora la notte, viva e silenziosa, bella e intrigante, infinita.

E lei la vede, ora, bene. Ci si immerge, come fa la luce della luna sul mare, sotto l'orizzonte.

mercoledì 14 ottobre 2009

La mia prima letterina

Nulla si regala tanto generosamente 
quanto i propri consigli. 
(François de la Rochefoucauld)

Caro Babbo Natale,

o potentissimo,

ti scrivo già da ora
così magari avrai più tempo per organizzarti nel soddisfare il mio unico desiderio.
E' un desiderio piccino piccino,
così piccolo che potremmo chiamarlo... un desiderio "nano"!

Ah, ma vedo che siamo già arrivati al nocciolo della questione....

sabato 10 ottobre 2009

ExChange informations (ovvero, ma che informazioni ci scambiamo?)

Quello di cui ho bisogno è un'informazione, 
non un'informazione utile, naturalmente, 
ma inutile. 
Il ritratto di Dorian Gray, Oscar Wilde


- Bene. Mi passeresti il tutto in un bel documento .DOC?

- Yes! Eccolo qua.

- Perfett.....ma che roba è sto coso? Estensione.... ODP??

- Si si, è quella di OpenOffice

- Ma dai!!! E cos'ho bisogno per aprirlo, di quella merdina di Linux????

- Parli per esempio di Ubuntu, quello gratiSSE? Ehm... veramente no, OpenOffice esiste anche per quella CAGAt....per il tuo efficiente e mai intrusivo MicroSoft WindowS-Vista. Ovvero il sistema operativo che hai pagato (senza chiederlo) nel prezzo del tuo NoteBook. E manco c'hai Office, c'hai Works. BellissssSSSSSssssimo.

- E così mi devo installare un nuovo programma per vederlo!?!?!?

- Potresti, perchè è gratuito. Tra noi due sei tu quello che usa un programma a pagamento. Significa tra l'altro che stai costringendo le persone - interessate ad aprire i tuoi files senza problemi di compatibilità - a pagare a loro volta, se non ti era ben chiaro prima.
Comunque ti prendevo in giro. OpenOffice può convertire anche nel formato Doc... tiè pirlotto.

martedì 6 ottobre 2009

Il fantasma del marinaio



[...] pensa a una nave, sa che è una città ma la pensa come un bastimento 
che lo porti via dal deserto , un veliero che sta per salpare [...]
Le città invisibili, Italo Calvino


Il Tempo ha soffiato la Notte sul cielo, come polvere.

E il cielo adesso sembra un mare profondo, che la città naviga silenziosamente.
La stanchezza forma echi e onde verso chissà quale spiaggia.
Domani mi sveglierò, inconscio della città sulla quale potrò spalancare le finestre.


Verso dove navighiamo, inconsapevoli?
La luce apre l'orizzonte mentre siamo altrove.

Ogni giorno è una città,
Un nuovo giorno sta salpando.
Il tempo esiste ancora, o è solo vento negli occhi, nelle vele.

Sulla volta celeste del mattino resta la scia di spuma e nuvole;
prova come i sogni ci abbiano smossi,  su passi strani di una danza antica.


Ma qualcosa deve ancora accadere, i pensieri si sbriciolano in granelli.
Il movimento della vita affonda in questa sabbia, approdando su spiagge deserte.
Le onde ancora ci arrivano, e ci richiamano a tornare


lunedì 5 ottobre 2009

InKgiustizia

La legalità è la premessa del dibattito politico,
o almeno dovrebbe esserlo.
La premessa e non il risultato.

Roberto Saviano

C'è mai stata prima in italia una protesta per la libertà di scrivere, la libertà di opinione?
Di solito non faccio politica, non ne sono capace.
Ma il nostro paese, adesso, non è diverso da una massa di Topi che seguono il suono di un flauto.


Cito le riflessioni proprio di Roberto, tratte dal suo ultimo articolo su Repubblica:

Chi ha votato per l'attuale schieramento di governo considerandolo più vicino ai propri interessi o alle proprie convinzioni, può guardare con indifferenza o approvazione questa valanga che si abbatte sugli stessi meccanismi che rendono una democrazia funzionante? 
Non sente che si sta perdendo qualcosa?

Il paese sta diventando cattivo. Il nemico è chi ti è a fianco, chi riesce a realizzarsi: qualunque forma di piccola carriera, minimo successo, persino un lavoro stabile, crea invidia. E questo perché quelli che erano diritti sono stati ridotti quasi sempre a privilegi. 

È di questo, di una realtà così priva di prospettive da generare un clima incarognito di conflittualità che dovremmo chiedere conto: non solo a chi governa ma a tutta la nostra classe politica. Però se qualsiasi voce che disturba la versione ufficiale per cui va tutto bene, non può alzarsi che a proprio rischio e pericolo, che garanzie abbiamo di poter mai affrontare i problemi veri dell'Italia?

La fonte è questa

giovedì 1 ottobre 2009

La scuola della Grande Truffa

La scuola è una fabbrica di echi gestita dallo stato.
Norman Douglas


Abbiamo appena messo piede qui dentro e le palesi differenze non tardano a svegliarci.
Cominciamo col dire che noi non siamo proprio abituati a queste principesse in borghese.
Sono abituato a quelle svestite in tv, non a queste appena uscite dal suddetto apparecchio per studiare in incognito.


Nemmeno a essere così palesemente ignorati al gabbiotto delle informazioni ci siamo abituati.

Un acquario senza acqua, con tre delle principesse a mollo come pesci d'esposizione. Il gabbiotto non le sfama, ma le impegna, giocano con un paio di utensili, telefono e pc i più gettonati.

Il mio amico insiste nell'attesa di improbabile attenzione oltre il vetro, non riusciamo a trovare l'aula. Mentre io mi guardo in giro.


Ho la sensazione di isolato accentramento da videoripresa in un film.
Girata vorticosa dell'obiettivo verso le ampie arcate. Cicaleccio di ragazzi...no no, ragazze direi, soprattutto ragazze! Eh si, siamo a statistica, mi ripeto, è ormai tardi per scoprire fino in fondo quanto ho sbagliato parametri nella scelta del percorso di studi.



Primo giorno del nuovo corso. Materia esterna in una facoltà esterna.
Una buona facoltà esterna, secondo i miei criteri più recenti.
Ma le sorprese non finiscono qui; trovata l'aula, entrando si vedono solo facce da matricola. Questi ragazzi sono freschi freschi di liceo. Miodio.

Arriva la "prsssorè" ('professoressa' finemente tagliato e cesellato dal gergo studentesco).
Ci manca solo la collettiva alzata in piedi, l'aola e la standing ovation e il viaggio nel passato si sarebbe potuto dire terminato.

La prssssssorè è anzianotta. Ha il microfono, ma lo appoggia sulla cattedra e poi parla. Geniale.
Non si sente nulla, fa avvicinare e sedere tutti ai primi banchi. Mi perdo nella folla di sbarbatelli. I posti non sono a gradinata.
Eccomi qui, come più di dieci anni fa. Apra il registro prsssssorè.


Lo sapevo che interrogava me! Ma guardi quanti sono, proprio me?? Ho ancora una giustificazione per questo mese no?
Vabbè mi metta 2, faccia quello che le pare, mandi a chiamare i miei.

L'ansia mi sale. La lezione è terribile come negli anni delle scuole superiori, concetti stupidi, cenni storici, interpretazioni personali e discutibili della prrssssorè sulla inevitabile politica legata a quegli avvenimenti; frasi in semplice italiano che vengono fraintese dalla mediocre scolaresca. La prssssorè severa ci chiede l'analisi grammaticale di quello che diciamo. Miodio due.


E a un certo punto mi punge qualcosa. Mi sveglio dalla sensazione di deja-vu, respingo con forza  la sensazione di oppressione che mi dava la scuola in quegli anni, per concentrarmi sulla puntura. Qualcosa mi ha infilato il pungiglione velenoso nei pensieri, un fastidioso, irritante sospetto. Gratto le idee, mi gratto anche un pò la testa.

Ma il nostro sistema scolastico è stato ottimizzato per rendere imbecille la popolazione?

domenica 20 settembre 2009

L'infanzia è una casa - parte 1

L'infanzia non ha tempo.
Man mano che gli anni passano
bisogna conservarla e conquistarla,
nonostante l'età

Emmanuel Mounier


Il cane - legato a un perno sul muro con una spessa catena in ferro - si dimena in versi che non domandano altro che coccole.

Appena arrivati. Aprendo lo sportello vedo il cancello aperto.
Qualcuno che esce, scendendo le scale.
Il cancello si chiude, quasi sbattendo. Le maleparole di mio nonno:
chiunque sia uscito osando portare danno al suo amato Cancello, fosse anche il presidente degli Stati Uniti, lo sentirà in rimprovero fin dentro la notte e i sogni.

La striscia di asfalto che ci divide dall'ingresso. Mio padre parcheggiava sempre di fianco, sul versante opposto, lungo la salita.
Aveva smesso di parcheggiare sul lato della casa da quando una notte uscendo avevamo trovato la macchina semi-distrutta per qualche matto che ci si era schiantato e poi era fuggito.
E così tenevo la mano in quella di mia madre, mentre guardavo la discesa.

Una discesa che tra qualche anno avrei affrontato molte volte in bicicletta, la prima in particolare da solo, quasi svenendo per una carenza di zuccheri sotto il sole d'estate.

Il cane continua la sua danza con foga, iniziata pochi minuti prima. Non avevamo ancora capito come facesse a sentire la macchina di mio padre fin da circa 500 o 600 metri più in giù, dove iniziava la ripida salita che portava a casa dei miei nonni.

A tutte le altre vetture che passavano riservava come calda accoglienza un furioso abbaiare, mentre riconoscendo la nostra da lontano faceva moine e guaiti che parlavano di un affetto incodizionato e indistruttibile, che io non capivo.

Attraversavamo e oltre il cancello si spalancava la mia libertà. Mia
madre mollava la presa, il cane mi guardava come se mi avessero tolto il guinzaglio. Correvo da lui, a pochi passi mi fermavo e alzavo l'indice, come in segno di rimprovero. In realtà era un comando, e lui obbediva a stento, sedendosi e tenendo a bada l'istinto di saltarmi addosso.

Allora io porgevo la prima mano, nella quale il cane porgeva la sua zampa. Altra mano, altra zampa, e ci ritrovavamo a fare passi di danza, un bimbo e un cane.



sabato 12 settembre 2009

Riflessioni da ex-pendolare














[...] vola continuamente all'indietro
ma come una mosca chiusa in un treno in corsa:
a furia di volare all'indietro
arriva comunque alla stazione finale:
un assurdo spettacolare.

Alessandro Baricco

Da fuori, sulla banchina, attraverso il finestrino, ho visto che i sedili erano quelli della prima classe.

Una volta per questi treni regionali c'erano prima e seconda classe. Cioè -non è uno scherzo - davvero le persone pagavano di più per mettere piede in un posto del genere.

Eppure proprio allora i ritardi erano così ridicolmente spaventosi da arrivare spesso alla totale soppressione di quel treno. Il treno, parcheggiato in stazione e già ripieno di gente manco fosse carne macinata, ascoltava il temuto annuncio dopo un'ora di ritardo sulla partenza:
dlin dlon* a causa guasto al locomotore il treno Sfigato non partirà. I PoveriSfigati del treno Sfigato possono comunque prendere il treno DopoQuelloSfigato, in ritardo anche quello(!). Ci scusiamo per questo minimo disagio, così piccolo che siamo proprio gentili a scusarci. Del resto mica capita spesso!

E così la carne macinata di un intero treno si trasferiva in una scena da panico da bomba nel treno - tu guarda caso! - affianco. Ricordo, i viaggi in questi trenidoppi: erano così pieni che le persone cominciavano a rivolgere sguardi avidi ai vani per le valigie. Alcuni trovavano posto solo in bagno, ma poi svenivano per gli odori indegni, e non scendevano alla loro stazione.
E c'era/erano questo/i scompartimento/i di prima classe. Dove la carne macinata era ovunque; ma NON sui sedili, dove dovevi aver pagato di più. Pensa tu.

Tempo cinque minuti di viaggio e i sedili della prima classe erano occupati, da facce stravolte, ma braccia prontissime a passare alle mani contro l'eventuale controllore impeccabile non disposto a eccezioni anche in una situazione del genere.

Così capito l'andazzo, realizzando il concetto al quanto irrealizzabile di Prima Classe Deluxe Plus Plus in un carro bestiame, la FirstClass è stata abolita. Ma in questi treni - si, sono sempre gli stessi da milioni di anni, anche i dinosauri li avranno usati - la carrozza della prima classe è rimasta. E' identica alle altre, ma i sedili sono leggermente più larghi, e lo spazio tra le persone che siedono leggermente più ampio. Solo che le puoi usare con lo stesso biglietto. Che lusso.

E così tornando a me, guardavo da fuori, dentro il vagone;
notando i sedili da ex-paradisiaca-prima-classe! abbastanza vuoti. In quel momento ci ho creduto. Che fosse un treno meno frequentato, che mi aspettasse un viaggio più tranquillo dei soliti rientri da venerdì pomeriggio. Sono sempre stato un Sognatore.

Entrando vedo una ragazza carina, di quelle che hanno degli occhi che ti fregano. Stordito da quegli occhi chiari mi sono seduto a caso.
Ma chi è quello seduto di fronte a lei? Il ragazz.... un cane?!? Uhuh che cane strano!
Secondo me si chiama Lander. questo:

Il cane è seduto sul sedile, con una coperta stesa sul sedile per non sporcarlo. Del resto immagino che avrà pagato il biglietto quasi per intero per portare Lander.

Ma appena passa il controllore scopriamo tutti che il biglietto non basta a dar diritto al cane a un posto a sedere. E io personalmente qui scopro la mia vicina: un signora di media età un pò in carne, e con il savoir-faire di un camionista di quei film americani. In dialetto urla (o forse è quello il suo volume medio quando parla) che sono i cani che dovrebbero schifarsi di salire su questo treno, per come sono sporchi i sedili. I cani dovrebbero aver paura di prendere malattie qui.
Mentre la ragazza sposta l'educatissimo cane ai suoi piedi tutto il vagone commenta a voce alta, molti le spiegano e consigliano - quasi intimano - che può rimetterlo sul sedile, ma lei, educata come solo il cane oltre a lei in questo vagone saprà essere, dice che non è un problema.

Tutto questo è successo mentre sta arrivando la prima ondata. Mentre sei su un treno per pendolari aspettando di partire, ci sono istanti precisi in cui arrivano persone "a vagoni". Dove si incontrano prima di diventare Folla? Eppure si fingono sconosciuti, entrando in fila, alla ricerca di un posto e di ristoro per lo spirito, che su questo treno non troveranno in nessun posto.

Così inizia un'altra vecchia storia. Tre simpatici e allegri ragazzi (forse morti un giorno se continuano a usare queste tecniche) hanno occupato più di quattro posti a testa, per gli "amici che stanno arrivando".
Primi commenti delle persone che cercano posto, salgono tutte qui vedendo il vagone mezzo vuoto e scoprono che invisibili e odiosi amici li hanno fregati. Le persone che accorrono sono sempre più incazzate, più tardi arrivano più covano odio. Arrivati alla fase in cui non si può più camminare perchè tutti i vagoni sono semplicemente pieni, e non c'è più uno spazio verso cui muoversi, la situazione diventa incandescente. Ogni secondo che passa è sempre meno giustificabile a quelle persone stanche, in piedi, proprio di fronte a posti vuoti.

Ometto le scene di guerriglia che si sono ripetutamente avvicendate nei momenti successivi. L'episodio che vale la pena ricordare invece è il momento in cui una signora chiede a un signore se per favore può farla sedere al posto suo. Le persone che ritornano a casa il venerdì sera sono esplosivi. Cariche di lavoro e nitroglicerina dall'intera settimana, dovrebbero andare tutti dagli artificieri a farsi disinnescare, non a casa.
Mentre noto che la signora è proprio identica a quella che pedinava le persone che pagavano al giornalaio per chiedere poi dei soldi spicci che non potevano negare di avere, il signore seduto esplode. Perchè dovrebbe alzarsi visto che sta in piedi da sedici ore! (rapido calcolo, chi si alza alle 2 di notte e sta tutto il tempo in piedi? che lavoro è?)
Naturalmente questa osservazione è gridata come se la signora avesse i tappi nelle orecchie. L'osservazione è seguita poi direttamente da imprechi e altra roba a me sconosciuta, ma che nonostante la musica che sento dalle cuffie, riesce ad arrivarmi nitida. Un signore più avanti offre il suo posto, e lo riesce a cedere solo assicurando alla signora che no, non è un problema.

E si continua così, a un certo punto si prende il ritmo, quasi danzando.
Commenti sul cane, aria condizionata al massimo, valigia che cade, mancato il cane, prime giacche e maglioni per il mini inverno in ex prima classe, squilla il telefono, risponde la persona sbagliata, risponde la persona giusta, squilla il telefono della persona sbagliata, la persona sbagliata non risponde, persona che inciampa, arimancato il cane, spegnimento del treno, no more aria condizionata, via le giacche, mini estate, milionesima persona che inciampa e si spalma, questa volta è rigore... ah no, è il capotreno che fischia, non l'arbitro. Segnale inequivocabile della fine all'operazione di compressione umana. Si parte.

Continua il ritmo, non fatemi perdere il ritmo. Telefono che squilla, aria condizionata che ritorna a potenza era glaciale, giacche, maglioni, momento smalto per la mia vicina, freddo, secchezza d'aria, odore intenso di smalto - vernice direi piuttosto - telefono della vicina che squilla, ma il campo si trova solo sopra la mia spalla, conversazione a tre, io, la vicina e il telefono.

Poi dalla seconda fermata il vagone è deserto. Possibile?

E nonostante tutto lo spazio il telefonino che continua a squillare alla mia vicina continua a prendere soltanto nel mio orecchio. Perciò la signora capisce che deve urlare per farsi sentire sia dal destinatario dall'altra parte della conversazione, sia da me. Intervallate dalle telefonate della mia deliziosa compagna di viaggio (che urla cose tipo "passerottino", "amò" e altro slang da sedicenne) le mie riflessioni bussano insistenti.



Ma secondo voi, sarà in particolare il
LUOGO pessimo
- ovvero il vagone sporco di un treno vecchio e stracolmo -
a scatenare nelle persone frustrate il desiderio di mostrare lo sporco vagone stracolmo del peggio di sé?


domenica 23 agosto 2009

La costruzione viva


L'originalita' consiste nel tornare alle origini
Antoni Gaudí



Qualcosa in questo posto e' in continuo e
immobile movimento


Facce ad ogni finestra.
Mille occhi, l'abitazione che ti osserva.

Ossa, rami crescono e poi corrono, nelle mura; nutriti dalla luce che dentro vive.

Benvenuti nella casa che riflette

Il riflesso della volta celeste si incastra nel profilo.
Sembra che il cielo sia passato, lasciando colori da ogni tramonto.
Sembra che il vento sia passato, lasciando con la sua mano
la firma su ogni piega.

Le forme sono quelle di un mondo diverso.
Dove entriamo veramente mettendo piede in casa Batllo'?

Qualcosa si muove.

La luce si muove. Cade come acqua;

Diventa acqua, poi di nuovo luce.
Le gocce precipitano sul soffito,
sfidando le nostre idee e preconcetti

Ogni granello sbatte e si divide

polline di luce che porta il profumo
di colori che cambiano,
colori che si spezzano.

Si piegano a formare nuova vita,
si piegano naturali come onde.

Il pavimento si stende come un tappeto all'aria,
seguendo il ritmo ondulato del mare


Un'altra fonte luminosa si accende.

Le curve di ogni stanza prendono vita.
Si riescono a scorgere le venature, il fondo vivente di una pelle che respira.

Luci ancora, luci che non capisci da dove vengono. Da fuori? Nascono forse qui dentro?
E in noi riflettono qualcosa, perche' anche la citta' appena fuori sembra diversa.

Ma questo non e' il mondo che io conosco.

Creature mai conosciute vengono imitate da questa architettura. Mille oblo' si aprono su altrettante idee.

La schiena di un drago si scorge,
e la pelle di creature marine.

Cavalieri inesistenti combattono le loro irreali battaglie,
nel fumo oscuro della notte.

Catene attorcigliate al cielo, cadono giu' solo per proteggerti. La liberta' di qualche sogno,
e qualcosa che si risveglia anche dentro di te,
come la vita della Casa Battlo'


lunedì 17 agosto 2009

Il Tempo non esiste

"per corre­re cento metri, da ieri, bastano 9 secondi e 58 centesimi.
Non a un uomo. A Usain Bolt."

Gaia Piccardi
(Corriere della Sera - 17 agosto 2009)


Il Tempo non esiste piu'.
Almeno fino a ieri, uno poteva credere che esistesse. Che potesse perdurare, per sempre.


Invece il Tempo adesso - semplicemente - non esiste piu'.

Undici centesimi. Granelli minuscoli delle sabbie del Tempo, polvere che precipita nell'immensa clessidra del Destino. Stelle di una notte che si ripete solo una volta l'anno. E adesso mai piu'.
Undici pietre - pesantissime - sulla strada della Leggenda; sgretolate dal vento che segue l'uomo che ora la sta correndo.


Curioso scoprire che siano vissuti esattamente un anno. Undici centesimi.
Undici. Per un anno. Undici colpi di scalpello? Nulla piu' di una silenziosa pelle
sulla statua della Velocita'. Statua di perfezione, eterna incompleta. Uomini come Ussain continuano con i loro colpi di scalpello, undici colpi, un artista che impara i suoi gesti dal Vento.
Il tempo non esiste piu', la Statua si sgretola, consumata dal Vento, troppo forte ormai, sempre piu' prossimo ad una vera e propria bufera.


Ieri ho visto una pantera correre verso la preda.
Di certo non un uomo.
Nulla di piu' naturale. Correre verso la preda. Negli occhi qualcosa.
Qualcosa deve aver visto, per poter galoppare in quel modo. Desiderio, eternita', promesse o verita'? Tutto spazzato via, insieme a undici centesimi, verso un luogo dove non possono piu' essere.

Usain Bolt corre come nessuno ha mai fatto. Non fionda solamente la sua carne, non diventa soltanto proiettile, fulmine. Non lascia soltanto che il vento nasca nella sua forma.
Lui smuove qualcos'altro.
Lui spinge di forza - con la leggerezza di ogni lunghissima falcata - speranza e sogni delle persone comuni piu' avanti, verso luoghi che credevamo irragiungibili. Costringe gli occhi delle persone a seguirlo all'unisono, a riempire di emozioni giornate intere per soli e scarsi dieci briciole di secondi.

Mentre la domanda continua a corrodere i pensieri di tutti gli spettatori dell'intero pianeta: "Quant'e' il suo vero limite?". Ne avra' anche lui uno, no?
Glielo volevano chiedere tutti, appena finita la gara, quando lui continuava a volare tra il pubblico, nessuno riusciva a raggiungerlo, i grassocci cameraman e giornalisti sudavano invano sperando nella sua prima parola.
Ma come faceva a continuare la sua corsa cosi' dopo aver demolito il tempo, la storia e la leggenda in una gara del genere? Gli altri atleti che arrancavano per vedere le sue scarpe erano stremati.


Lui pero' non e' un uomo.
Usain Bolt ha cancellato il Tempo.

martedì 11 agosto 2009

Nuvole a forma di ricordi

Ricordiamo solo quello che non e' mai accaduto
Marina, Carlos Ruiz Zafon


Punte di dita. Scivolano, scorrono
imbevute di invisibile vivere, di giovane desiderio

Mani si confondono sulla pelle
impronte leggere mischiano colori
dipingono



Leggere ali, leggere. Tra soffi e violenza;

morsi che strappano cicatrici di vento
respiri stanchi, occhi chiusi, piccole farfalle agitate.
poi immobili



lunedì 3 agosto 2009

Secondo arrivo



È camminando che si fa il cammino.
Antonio Machado Ruis


Ho scoperto quanto è importante tornare una seconda volta in un luogo.

A Barcellona, cinque anni dopo la mia prima visita. Barcellona era uguale. Io, invece, ho vissuto la stanchezza di molti anni. Barcellona è ancora fresca, ancora una bella ragazza appena sbocciata nel fiore della bellezza.

Barcellona era uguale, io ero molto diverso. Barça - quindi - era diversa.

Appena il tempo di scaraventare da qualche parte i bagagli e già il pomeriggio mi chiamava, a camminare il mio cammino. Il sole alto, e tutti gli alberi della Rambla provavano ad abbracciarlo con i loro rami.
Sulla rambla ci sono due possibili velocità:

1) la velocità normale, ovvero di corsa. Sono le persone stanche di aver già camminato ore e ore sotto il sole, e non riescono più a tenere ritmi proibitivi. Ma ci provano lo stesso
2) la velocità folle, quelli che camminano senza essere alla Rambla. Corrono, a testa rivolta verso l'orizzonte, in cerca di una scritta "Traguardo". Hanno un appuntamento? Non con il destino direi.

Dimenticavo. Ci sono anche quelli fermi. Per fare foto, per guardare uno spettacolo. O per bere, oppure ancora per vendere qualcosa, dal cibo alla droga al posto in un locale imperdibile.
Ora che ci penso, ma ero per caso sordo l'altra volta che ero venuto? Come ho potuto ignorare così lo spagnolo, e il catalano in particolare! Le persone ti parlano come se qualcosa di gustoso si stesse sciogliendo nelle loro bocche. Lo spagnolo mette appetito.


Prima di farmi la doccia ho acceso la televisione, sul primo canale che mi è capitato. Un programma di cucina, con un uomo sulla cinquantina con barba bianca, la pelle bruciata, un vero spagnolo. Spiegava una ricetta che per quanto mi riguarda poteva essere tanto un Coniglio con pere e rape quanto Seppie con gallinacci.

Quel tipo era capace.
Divenne subito un corso di dizione.


Ho alzato il volume abbastanza da preoccuparmi di sentire presto proteste dai muri. Poi ho fatto la doccia con la porta aperta, ripetendo i magnifici e sconosciuti ingredienti, i necessari passaggi del cibo per diventare arte in Catalogna.Non è difficile ripetere lo spagnolo. Ma le parole e le frasi per uno che lo ignora come me, si perdono in fretta. Eppure c'è quella magia, pochi istanti dopo averle sentite, avidamente come nel mio stato d'animo.
Mi sentivo una persona migliore a parlare quello spagnolo che non capivo. Ripetevo le frasi un paio di volte; la prima con l'intonazione del mio grande maestro nella stanza di fianco. Poi con l'interrogativo finale: come se ogni frase fosse una domanda; l'ho ripetuta bene? Sono davvero sicuro di questa bollitura per poco più di dieci minuti nel tegame?Anche la bruschetta con le cipolle diventa un piatto incredibile se uno spagnolo vi spiega come farla.

Se da quelle velocità citate poc'anzi ne ideate qualcuna più vostra e più consona a gustarsi la Rambla, potreste allora incappare in un gioco con la sorte. Ovvero la pioggia di Foglie. Io ci speravo senza farlo troppo notare, ma poi una mi è arrivata casualmente in piena testa, è stato come ricevere l'illuminazione dalla mano di un albero, che altissimo ti spiega, a te - bimbo piccolo - come stanno le cose.E così ho scovato - nel momento di apertura mentale - l'unica cosa più bella della lingua spagnola. Ovvero un bambino che ti parla in spagnolo.

Beh, qualsiasi bambino eleva la propria lingua al meglio della forma, sono cose risapute.



In particolare il bimbo che guarda i pesci e i gabbiani sotto il ponte che corrono a festa sotto di lui quando lancia il pane, e poco dopo si gira verso l'orgoglioso padre per esternare la sua gioia incredula, e poi ancora riprende a catapultare molliche, quello, solo quello è il migliore spagnolo pronunciato su questo pianeta.
Arrivati alla fine della Rambla il vento cambia. Prima del tramonto il mare si sfinisce soffiando via tutte quelle persone, forse cerca attimi di intimità. Quell'alito fresco e sicuro che sale con la voce delle onde è impregnato di un odore intenso. Il ricordo della mia seconda volta.

Vi capita mai di sbagliarle tutte al primo tentativo? Poi nel secondo siete pronti, ormai conoscete abbastanza tutti gli errori per evitarli, no? Barcellona merita una seconda volta.

lunedì 6 luglio 2009

Aurora


"E' possibile,
perché il possibile
è il limite mobile
di ciò che uno
è disposto ad ammettere.
"

Non ora non qui
, Erri De Luca


Ascoltare il mare dove il mare non si vede,
dove il mare non è.

Ascoltare il risveglio,

mentre il Mondo invece ritorna, gira stanco, con passi lenti
sopra la stessa sera, lungo la stessa strada, verso lo stesso letto.

Vorrei seguire il profilo dell'aurora,
contromano alla nostra orbita.
Navigare verso il Sole, mentre la sua luce fugge dietro il Mare.
Diventerà mai nuovo questo Giorno?

martedì 6 gennaio 2009

I sostituti


"Vivo con la tua foto, quella che ride"
La sostituta, Boris Pasternak


Storie incredibili, storie terribili, tante persone e poi una soltanto. 
Quante persone incontriamo?
Qualcosa resta, sempre. Fotografie reali, fotografie immaginarie, ricordi.
Anche quando poi vanno dall'altra parte del mondo, o dall'altra parte della vita. Restano.
Restano con la solitudine e le fotografie, i Sostituti.

Gli anni, con paziente appetito, gustano tutto, lentamente;
la voce è solo l'antipasto, il viso sarà il dessert. Nella mia memoria restano sorrisi.

Dal fondale di un mare di Tempo, tornano a galla i Sostituti, quando nessuno glielo ha chiesto. 
Sogni vaghi ad occhi aperti, sono lì e non ci sono. E non puoi nemmeno dirgliele tutte quelle cose banali: "mi manchi" o "grazie di essere qui". Magari non lo sapranno mai. Sorrisi.
Mi immagino noi, io e il Sostituto, davanti a uno specchio d'acqua quieto. Chissà la superficie cosa riflette.